“Innanzitutto, volevo salutare tutte e tutti e ringraziarvi di aver aderito così numerosi alla mobilitazione di oggi. È importante vedervi così uniti e compatti, contro l’arroganza di chi non lavora ma comanda, e non sa cosa voglia dire spaccarsi la schiena tutto il giorno sui cantieri, ma si permette di parlare di flessibilità e sacrifici… solo per voi ovviamente.
Dicono che bisogna avere pazienza, che il mercato è difficile, che bisogna stringere la cinghia. Ma la cinghia la stringono sempre gli stessi: quelli si alzano all’alba, che salgano sui ponteggi, che rischiano la pelle ogni giorno per uno stipendio che basta appena a sopravvivere. E mentre voi sudate, vi infortunate, o anche peggio, dall’altra parte c’è chi si riempie le tasche, che gioca con le vostre vite come fossero numeri su un foglio. L’arroganza padronale ha un nome e un volto: è quello di chi ti sorride quando serve la produttività e poi ti scarica come un peso morto quando non servi più.
Oggi, quindi, non siamo qui non solo per difendere un contratto, ma per difendere la dignità del lavoro. Siamo qui contro l’arroganza padronale, contro chi pensa che il profitto valga più delle persone, contro chi crede che i lavoratori possano essere trattati come una merce usa e getta.
Come segretaria dell’Unione sindacale svizzera in Ticino, sono qui per portare la solidarietà di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori che rappresento, como ad esempio quelli del settore pubblico, i cui colleghi sindacalisti sono qui con noi oggi a sostegno della vostra lotta. Perché solo uniti siamo forti e i padroni questo lo sanno bene, e ne hanno paura. Per questo cercano di frammentarci, dividerci, metterci l’uno contro l’altro. Residenti, frontalieri, migranti, interinali, fissi: siamo tutti parte della stessa classe, dividerci fa solo il gioco del padronato, che prospera e si riempie le tasche sulle nostre frammentazioni.
Questa non è solo una battaglia degli edili. È una battaglia di tutte e tutti. Perché ogni volta che un lavoratore difende il proprio diritto, difende anche quello degli altri. E questo perché ogni volta che una categoria viene colpita, che un contratto peggiora, che un diritto viene tolto, prima o poi ciò avrà un impatto anche sugli altri. Perché la mano che colpisce è sempre la stessa, cambia solo il bersaglio. Oggi tocca a voi, domani toccherà agli insegnanti, al personale infermieristico, ai postini… Ogni volta che un settore alza la testa e incrocia le braccia, apre la strada agli altri perché, se toccano uno, toccano tutti, perché un diritto perso da una categoria è un passo indietro per tutto il mondo del lavoro.
Il mio sogno è quindi quello di vedere tutte e tutti, dai metalmeccanici alle docenti, dai rider alle infermiere, dagli edili alle badanti, uniti a gridare la stessa cosa:
Il lavoro non si tocca, la dignità non si baratta, la sicurezza non si negozia.
Oggi l’edilizia sciopera, ma in realtà oggi sciopera la coscienza di un Paese, che non accetta che si torni indietro a cento anni fa, ma che vuole invece un futuro di giustizia, sicurezza e dignità per tutti.
Restiamo uniti, perché solo così possiamo cambiare davvero le cose. Perché solo insieme, lavoratrici e lavoratori, possiamo costruire un futuro più giusto per tutti.
Grazie mille!”
